Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie tecnici necessari al corretto funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.

OK, accetto

Degenerazione maculare

La degenerazione maculare senile 
A M D - Age related Macular degeneration 

-Aspetti generali 
-Fattori predisponenti. eziopatogenesi e profilassi 
-Trattamento 
-La terapia fotodinamica 
-Nuove terapie 
-Domande e risposte sulla degenerazione maculare senile 

La DMS è una alterazione progressiva della regione centrale del tessuto retinico, la macula, deputata alla visione centrale, cioè alla distinzione dei dettagli più fini delle immagini ed al riconoscimento dei colori. 
Tale alterazione può provocare una drastica riduzione del campo visivo, ledendo grandemente l'autonomia della persona. Nei paesi industrializzati la DMS rappresenta la prima causa di cecità legale. 
La malattia è stata individuata alla fine dell'800, ma soltanto negli ultimi decenni il miglioramento delle tecniche diagnostiche - soprattutto con l'utilizzo della fluoroangiografia - ha permesso di individuare precocemente i quadri clinici. 
Gli sforzi attuali dell'oftalmologia mirano al riconoscimento tempestivo delle lesioni retiniche iniziali, le cosiddette DRUSEN (dal tedesco Geode). Nella fase iniziale della DMS, infatti, i pazienti non lamentano sintomi, godono ancora di una buona vista e solo l'esame fluoroangiografico è in grado di rilevare le lesioni maculari in fase iniziale. 
La degenerazione maculare senile può assumere due forme: quella secca o atrofica e quella umida o essudativa. 
La forma secca è certamente la più comune, colpendo circa il 10% della popolazione con più di 60 anni, ha un'evoluzione lenta e non prevedibile nei tempi (la riduzione del visus varia da caso a caso) ed è caratterizzata da atrofia più o meno estesa dell'epitelio pigmentato e da drusen.(depositi essudativi). 
La forma umida, più rara (colpisce circa il 2% della popolazione oltre i 60 anni), ma più grave, ha un andamento rapido e progressivo ed è caratterizzata da una neovascolarizzazione coroideale che interessa l'epitelio pigmentato e la neuroretina. 
Il progredire dell'età favorisce un peggioramento delle condizioni del neuroepitelio retinico: l'atrofia geografica rappresenta l'evoluzione finale della degenerazione maculare senile, caratterizzata da atrofia dell'epitelio pigmentato, danno irreversibile dei fotorecettori e della coriocapillare. 

Fattori predisponenti, eziopatogenesi e profilassi 
La DMS è una malattia multifattoriale correlata alla predisposizione genetica, all'invecchiamento, all'esposizione ad ambienti sfavorevoli e allo stile di vita. 
Questi fattori, oltre a svolgere un danno diretto sull'organismo, modificano la disponibilità e la necessità di elementi nutrizionali con funzione strutturale e protettiva. 
A prescindere da tutti gli altri fattori sembra che sia proprio l'età, cioè l'invecchiamento dell'organismo, a creare il substrato sul quale può successivamente instaurarsi il danno della DMS. Il danno ossidativo fotochimico costituisce un aspetto importante nella patogenesi della DMS. Il selenio e altri oligoelementi contribuiscono ad assicurare l'efficienza di complessi enzimatici essenziali nell'ambito delle difese contro lo stress ossidativo. 
Le vitamine antiossidanti A, C ed E sono in grado di svolgere un ruolo profilattico nei confronti del danno maculare legato all'età. I carotenoidi proteggono l'area maculare, mentre gli acidi grassi omega3 sono fondamentali per le foro funzioni strutturali. 
Attualmente non vi sono strategie preventive sicure a causa della scarsa conoscenza dell'eziologia della malattia; certamente esiste una componente genetica, ma il tipo e il numero dei geni coinvolti risultano difficili da definire, anche per il fatto che si tratta di una malattia ad insorgenza senile. Alcuni studiosi hanno rilevato l'importanza del ruolo dei radicali liberi nell'evoluzione della degenerazione maculare senile, e consigliano quindi, in forma di prevenzione, una terapia antiossidante a base di vitamine A, C ed E. L'obiettivo è quello di mantenere il pool antiossidante a livelli adeguati intervenendo sullo stile di vita e ricorrendo, quando necessario, all'integrazione. 
L'esposizione all'ambiente esterno, alla luce e a fattori tossici, ma anche i processi fisiologici, come il metabolismo e l'invecchiamento, innescano numerose reazioni ossidative a livello della retina, responsabili della sintesi di radicali liberi. La lesività di questi composti è correlata alla loro capacità di indurre un danno tipo ossidativo a livello delle membrane e dei sistemi enzimatici cellulari. 
Per la formazione di radicali liberi occorrono due principali elementi: una fonte di energia e l'ossigeno. Per quanto riguarda l'occhio, la via più comune di danno ossidativo è quella fotochimica. L'energia luminosa, soprattutto quella ultravioletta, può infatti venire assorbita da molecole sensibili che reagiscono con particolari substrati o con ossigeno molecolare. La luce che raggiunge la macula è in grado di danneggiare sia l'epitelio pigmentato che i fotorecettori, specialmente i coni che rispondono alla luce blu. Tra i composti sensibili a tali processi vanno annoverati in primo luogo i lipidi polinsaturi di membrana e poi i citocromi, gli enzimi flavinici dei mitocondri, la ribofiavina libera e altri ancora. La protezione nei confronti dei radicali liberi, essenziale per i sistemi cellulari, è assicurata dall'interazione di sistemi di origine endogena con fattori esogeni di tipo nutrizionale che agiscono come cofattori enzimatici o come antiossidanti (es. vitamine, carotenoidi). Nell'ambiente extracellulare, nel citoplasma e nei mitocondri la superossido dismutasi che contiene zinco e richiede la presenza di selenio come cofattore, elimina l'anione superossido e lo trasforma in ossigeno e perossido d'idrogeno. Anche la vitamina E è in grado di neutralizzare i radicali liberi, in particolare il radicale idrossile e l'anione superossido. Localizzata nello strato fosfolipidico della membrana cellulare, questa vitamina preleva un elettrone dagli acidi grassi polinsaturi ossidati passando da tocoferolo a tocoferile; in seguito viene "riattivata" dalla vitamina C. Recentemente è stato scoperto che la somministrazione di vitamine ed oligoelementi ad azione antiossidante può avere un ruolo di rilievo nella prevenzione di questa patologia. In alcuni studi pilota sono stati somministrati farmaci ad azione antiangiogenetica come l'interferone, ma i risultati sono stati contraddittori. 

Trattamento 
Attualmente la forma secca risulta non trattabile, mentre per quella umida esistono alcuni tipi di intervento. 
I farmaci antiangiogenici sono sostanze farmacologiche che attaccano selettivamente i vasi in proliferazione senza intaccare il tessuto fisiologico. 
La radioterapia, che usata a bassi livelli non dà effetti collaterali, agisce sulle cellule endoteliali vascolari riducendone la proliferazione e l'evoluzione della malattia. 
La terapia fotodinamica. caratterizzata dall'utilizzo contemporaneo di un tipo particolare di Laser in associazione con una sostanza chimica. 
La laserterapia si è dimostrata utile nel ridurre la perdita visiva centrale a lungo termine dovuta ad alcune forme di neovascolarizzazione. Solo una piccola parte dei pazienti può, però, essere trattata con il laser (solo quando la membrana è extrafoveale o juxafoveale; in presenza di membrane sottofoveali, solo se la lesione è molto piccola e circoscritta); inoltre più della metà dei pazienti sottoposti all'intervento laser presentano recidive entro tre anni. 
La rimozione chirurgica della membrana presenta alcuni vantaggi rispetto alla laserterapia in quanto danneggia meno i tessuti circostanti. Il rischio di recidiva, però, permane, al quale si aggiunge quello di insorgenza di cataratta e di distacco di retina; il recupero funzionale richiede buone condizioni della retina circostante. 
La riabilitazione visiva dei pazienti con grave calo del visus dovuto a degenerazione maculare senile è un problema che in molti casi non riceve dall'oculista la giusta attenzione. Spesso il paziente ha perso la normale visione centrale, per la formazione di una cicatrice centrale (scotoma centrale), ma non è cieco in senso assoluto, ha cioè una residua capacità visiva periferica: questa deve essere allenata e rafforzata per salvaguardare al meglio l'autonomia visiva del soggetto. In tal modo è possibile migliorare anche notevolmente la qualità della vita dell'anziano con ipovisione. Il programma riabilitativo del paziente ipovedente è complesso ed impegnativo e comprende l'uso di lenti di ingrandimento, di telescopi galileiani per la visione per lontano, di videoingranditori. L'utilizzo di filtri colorati, gialli, ambra o grigi può aiutare ad aumentare la nitidezza delle immagini e la velocità di lettura. Assai importante, nell'affrontare i casi di minorazione visiva, è l'approccio pluridisciplinare. 
La collaborazione dell'oculista e dell'ortottista nel prescrivere ed indicare la correzione ottica deve essere completata dalla consulenza dello psicologo, professionista in grado di motivare ed incentivare il paziente anziano nell'utilizzo di ausili ottici. 

La terapia fotodinamica 
Dal mondo della ricerca giungono oggi notizie molto confortanti su nuove e rivoluzionarie possibilità terapeutiche: la terapia fotodinamica con verteporfina potrebbe significare una svolta nella terapia della degenerazione maculare senile di tipo umido. Si tratta però di un trattamento complesso che richiede personale altamente specializzato, adeguate strutture di riferimento e soprattutto costi economici elevati. Scopo della terapia fotodinamica, già ampiamente studiata ed utilizzata nel campo dell'oncologia per il trattamento dei tumori dermatologici, è quello di distruggere la membrana neovascolare maculare attraverso l'iniezione endovenosa di una sostanza farmacologica fotosensitiva che viene attivata mediante trattamento laser. 
La Verteporfina, il farmaco fotosensitivo utilizzato nella terapia fotodinamica, svolge una potente azione citotossica, legata all'induzione di una trombosi intraluminale con conseguente eliminazione di apporto sanguigno al tessuto patologico. Essa si accumula selettivamente nelle cellule endoteliali dei neovasi. La sua attivazione avviene con l'applicazione di un raggio laser sulle aree da trattare, di lunghezza d'onda pari al picco di assorbimento della sostanza stessa. Il raggio laser utilizzato non è ad azione termica e di conseguenza non provoca danni alla retina sovrastante La verteporfina è oggi in fase di sperimentazione per occludere selettivamente i neovasi nella degenerazione maculare senile. La sicurezza, l'efficacia e la selettività di questa terapia sono state dimostrate attraverso studi sperimentali aventi lo scopo di rilevare la dose ottimale di verteporfina, il tempo di irraggiamento e la lunghezza d'onda del raggio laser nel bloccare la diffusione della fluorescina e quindi distruggere i neovasi. I risultati sono stati incoraggianti. Per le potenzialità di successo che racchiude, la terapia fotodinamica con verteporfina rappresenta certamente un grande passo in avanti nel tentativo di preservare ed eventualmente potenziare il residuo visivo nei pazienti affetti da degenerazione maculare senile di tipo umido; tutto ciò in attesa del recupero della funzione visiva (trapianto dell'epitelio pigmentato), se gli attuali esperimenti condotti su animali potranno avere un'attuazione clinica. L'analisi dei risultati ottenuti nel corso degli ultimi due anni della degenerazione maculare senile con la terapia fotodinamica conferma i promettenti risultati ottenuti durante le fasi sperimentali. 
La tenica di esecuzione è la seguente: 
Nella terapia viene utilizzata una sostanza chiamata Verteporfin (Commercialmente Visudyne - Ciba Vision). Tale sostanza è un agente fototerapeutico. La sua azione viene ottenuta in due fasi. 
Nella prima fase la verteporfin viene somministrata per via endovenosa, con il paziente seduto, nell'arco di 10 minuti. E' necessario poi attendere altri 5 minuti dopo il termine della iniezione. In questo periodo la sostanza va ad accumularsi selettivamente, a livello oculare, nei vasi anomali dell'area affetta da degenerazione. 
Nella seconda fase viene effettuata la applicazione di un trattamento laser di lunghezza d'onda di 690 nanometri. Questa luce ha l'intensità di un flash ed è incapace di determinare lesioni termiche della retina. Lo spot del laser viene applicato sulla zona interessata per 83 secondi. Durante questo tempo si ottiene la attivazione della sostanza che distrugge così soltanto i vasi e i tessuti coinvolti nel processo di neovascolarizzazione coroideale. 

LINEE GUIDA PER L'USO DELLA TERAPIA FOTODINAMICA CON VERTEPORFINA (VISUDYNE) NEL TRATTAMENTO DELLA NEOVASCOLARIZZAZIONE COROIDEALE ASSOCIATA A DEGENERAZIONE MACULARE LEGATA ALL'ETÀ E AD ALTRE CAUSE 
Obiettivi: 
Le linee guida sono state sviluppate sulla base dei più attendibili dati scientifici disponibili e, in assenza di studi clinici controllati, sulla base dei pareri concordi di esperti con lo scopo di: 1) coadiuvare l'oftalmologo nella selezione dei pazienti per i quali la terapia fotodinamica con verteporfina, di seguito de­finita "terapia con verteporfina", dovrebbe essere presa in considerazione; 2) fornire indicazioni in merito a trattamento, follow-up e ritrattamento. 
Metodi: 
Il parere concorde espresso dai retinologi che hanno partecipato agli studi clinici randomizzati sul­la terapia con verteporfina o hanno avuto esperienza clinica con la terapia con verteporfina è stato basato sui risultati degli stessi studi clinici e sulle opinioni degli esperti. Ulteriori dati ed indicazioni sono perve­nuti dai rappresentanti della Macula Societe della Retina Society, della Vitreous Society• e dagli sperimen­tatori responsabili degli studi clinici randomizzati di valutazione della terapia con verteporfina. 
Risultati: 
I criteri di selezione dei pazienti hanno incluso: 
1) in casi associati a degenerazione maculare le­gata all'età (AMD), neovascolarizzazione coroideale (CNV) prevalentemente classica o occulta con assenza di componente classica; 
2) localizzazione subfoveale della CNV o localizzazione talmente prossima al cen­tro della fovea che un trattamento convenzionale con fotocoagulazione laser colpirebbe quasi certamente il centro della zona foveale; 
3) lesione associata ad AMD, miopia patologica o altre maculopatie in cui il de­corso della patologia tende ad essere peggiore in assenza di trattamento rispetto all'instaurazione di un ap­proccio terapeutico; 
4) livello di capacità visiva tale che un'ulteriore perdita risulterebbe pregiudizievole per la qualità di vita del paziente. 
I criteri di selezione non hanno incluso la dimensione della lesione, fatti salvi i casi di CNV occulta senza componente classica associati ad AMD in cui la terapia con verteporfina per le­sioni > 4 aree del disco MPS (Macular Photocoagulation Stitch,) dovrebbe essere presa in considerazione in caso di bassi livelli di acuità visiva corretta. I criteri di selezione non hanno incluso l'età del paziente, una pregressa ipertensione arteriosa sistemica o un precedente trattamento di fotocoagulazione laser. Idealmente. la terapia con verteporfina dovrebbe essere somministrata entro I settimana dall'esame fluoroangiografico il cui esito determina la scelta terapeutica. 
In seguito al primo e ad ogni successivo trattamento, i pazienti do­vrebbero sottoporsi a visite di controllo almeno ogni tre mesi per verificare la presenza o meno di leakage nella CNV. In presenza di leakage i ri-trattamenti dovrebbero essere presi in considerazione ogni tre mesi. I ritrattamenti possono essere posticipati se l'aspetto biomicroscopico e fluoroangiografico della lesione risul­ta immutato e mostra scarso leakage, particolarmente in assenza di fluido sottoretinico o leaky e di fluorescienza sottostante al centro della zona foveale avascolare. 
I pazienti dovrebbero evitare l'esposizione di occhi e cute alla luce solare diretta o a fonti luminose intense per 48 ore dal trattamento o finché eventuali gonfiori o modificazioni della pigmentazione conseguenti a stravaso non appaiano ristabiliti. 
Conclusioni 
Queste raccomandazioni forniscono delle linee guida sul ruolo della terapia con verteporfina nella gestione clinica di CNV associate ad AMD e ad altre maculopatie. L'evidenza di nuovi dati clinici potrebbe richiedere una loro successiva revisione. 
RETINA 2002; 22:6-18 

Domande e risposte sulla degenerazione maculare senile: 
Che cosa significa macula? 
La macula - altrimenti detta macula lutea si trova al centro del nostro campo visivo. Quando guardiamo attraverso il mirino di una macchina fotografica vediamo nella maggior parte dei casi un piccolo cerchio che consente di mettere a fuoco l'immagine che intendiamo fotografare.
In questa immagine, la regione della macula lutea corrisponde alla superficie interna dei due cerchi rossi del centro dell'immagine. Solo su questa parte della retina le immagini vengono messe a fuoco e l'acuità visiva (visus) è massima, per poi perdere in acuità via via che ci si avvicina ai bordi dell'immagine. 
Naturalmente il nostro campo di fissazione - altrimenti detto campo visivo - è notevolmente più ampio di quello di un grandangolo. 
Da che cosa deriva il nome "macula lutea"? 
Si chiama "lutea" (gialla dal latino) perché è responsabile in modo particolare dell'acuità visiva e contiene "coloranti” del tutto particolari - i pigmenti. 
Che cosa succede effettivamente nella degenerazione di questa porzione della retina? Inoltre, quali sono i processi fisiologici normali, intendo dire come si forma normalmente l'immagine? 
Come già sa, l'immagine ottica si forma all'interno dell'occhio su uno strato di pigmenti, paragonabile alla pellicola fotografica. Anche qui abbiamo diversi strati di pigmenti, che tuttavia devono venire sviluppati in laboratorio. Questo processo di sviluppo della pellicola viene svolto dalla retina, che con i suoi milioni di piccolissime cellule puntiformi poggia sullo strato dei pigmenti, per leggere l'immagine. Questa lettura dell'immagine viene effettuata naturalmente in tempo reale. Le correnti elettriche che così si formano vengono raccolte in una serie di cavi di grosso spessore, i nervi ottici, attraversano la testa, giungono all'ipofisi, che crea il collegamento con gli organi dell'equilibrio e con il cervelletto, passano altri "punti di scambio", del cervello, per arrivare alla cosiddetta corteccia visiva, la parte del cervello che ci consente di interpretare e percepire le informazioni visive. 
E che cosa succede nel caso della degenerazione e quali disturbi si accusano quando insorge questa malattia? 
Ogni cosa, come sappiamo, ha un inizio. All'inizio di una degenerazione della retina nella maggior parte dei casi i disturbi sono nulli o minimi. Tutto quello che si sa oggi è che lo strato sottilissimo che protegge la retina dalle tossine derivanti dal metabolismo diventa fragile. Di conseguenza insorge una carenza di importanti sostanze nutritive e protettive, nonché di ossigeno. La carenza viene bilanciata dalla formazione di nuovi vasi sanguigni, che lentamente, ma inesorabilmente, distruggono la retina. 
Ecco alcune immagini di esempio: 
i rapporti di grandezza sono quelli di una retina normale. La regione più ristretta della macula comprende un'area di circa 1,5 mm. 
Retina colpita da degenerazione maculare 
A partire da quale età questa malattia insorge? Insorge prevalentemente a partire dal 40° anno di età. 
Come misura preventiva ci si dovrebbe sottoporre ogni anno, a partire dal 40° anno di età, ad una visita oculistica. Come autotest può essere utile il cosiddetto test di Amsler, che può fare direttamente on line oppure su una scheda corredata di istruzioni che qualsiasi oculista le potrà fornire. Come principio di massima si consiglia di sottoporsi immediatamente ad una visita specialistica ogni volta che si notano disturbi visivi non chiari, dato che la retina può essere curata con ottime probabilità di successo proprio allo stadio iniziale delle patologie oculari. 
La degenerazione maculare senile è una malattia comune? 
Fra le persone anziane (oltre i 65 anni di età) è la causa più comune dell'abbassamento progressivo della capacità visiva. 
Attualmente in che cosa consiste il trattamento? Come prima cosa l'oculista curante effettuerà un'angiografia della retina. Con questo esame si possono individuare con certezza i capillari di nuova formazione, che possono essere curati con il laser, a volte anche con terapia chirurgica oppure mediante roentgenterapia. Recentemente è possibile intervenire con una nuova terapia chiamata "Terapia fotodinamica". 
Esiste un modo per prevenire questa malattia? 
Consigliamo innanzitutto, come per la prevenzione di altre patologie oculari, di sottoporsi periodicamente a visite di controllo periodiche e complete. Altro consiglio è quello di eliminare o ridurre il consumo di sigarette e di tenere sotto controllo la salute generale dell'apparato circolatorio: pressione arteriosa, glicemia, colesterolemia. Gli integratori vitaminici e minerali classificati come "vasoprotettori" sono un valido aiuto, anche nel rallentare l'evoluzione della malattia una volta insorta. 
Se non appare più possibile un trattamento, che cosa si dovrebbe fare? Si rimane ciechi? 
Niente paura, non si rimane ciechi, ma l'acuità visiva è talmente compromessa che non si può più guidare l'automobile. Molte cose che richiedono una buona funzione visiva non sono più possibili oppure lo sono entro certi limiti: leggere libri o giornali, guardare la televisione. A questo proposito oggi vi sono diversi aiuti: gli ausili visivi per ipovedenti. Attraverso il lavoro dei centri per ipovedenti e non vedenti, è stato già possibile restituire a molti pazienti una qualità della vita altrimenti insperata. 
Tipica alterazione del campo visivo nel corso della degenerazione maculare 
A parte l'invecchiamento, ci sono altre cause che possono determinare l'insorgere delle degenerazione maculare? 
La causa più frequente della degenerazione maculare è certamente il naturale processo di invecchiamento dell'occhio. Tuttavia ci sono casi particolari per cui lo stesso fenomeno degenerativo può essere indotto da traumi, infiammazioni, infezioni o forte miopia. Anche se molto raramente, possono inoltre verificarsi casi di ereditarietà della malattia. 
Le radiazioni ultraviolette possono favorire l'insorgere della degenerazione maculare? 
Le indagini su questo argomento sono ancora in corso. Tuttavia l'ipotesi di una relazione tra radiazioni ultraviolette e danni alla retina, e in particolare alla macula, è già stata avanzata. Infatti si consiglia ai pazienti colpiti da degenerazione maculare di indossare lenti protettive di tonalità rossiccia, in grado di filtrare più efficacemente le stesse radiazioni. Si raccomanda comunque, per prevenire questa ed altre patologie oculari, di limitare l'esposizione. 
La degenerazione maculare colpisce di solito entrambi gli occhi? 
No. Le difficoltà maggiori per una diagnosi precoce sono infatti rappresentati dal fatto che nella fase iniziale l'occhio sano supplisce a quello colpito nella visione dei dettagli. 
E io che cosa posso fare personalmente? 
E' sicuramente corretto affermare che non c'è solo un fattore di predisposizione costituzionale alla base della malattia. Le condizioni di vita, i fattori di stress, un'alimentazione sbagliata sono diversi fattori concorrenti che, dopo un certo periodo di tempo, portano a fenomeni di degenerazione.